Il commissario, uscendo, incaricò un altro agente di prendere rilievi e di fotografare le impronte viste da Otello dietro la casa. Mentre salivano in macchina arrivò il carro funebre.
“Il magistrato ha ordinato l’autopsia – disse Lattanzi mettendo in moto – è la solita prassi. Speriamo che almeno serva a fornirci delle utili indicazioni.”
Otello pensò alla ragazza grintosa e bella che aveva conosciuto la sera prima, alla grande voglia di vivere che doveva animarla, alla sua fresca bellezza, alla sua ricerca di un mondo migliore. Pensò allo strazio dei suoi genitori e di chi le voleva bene. Pensò che tutto era assurdamente ingiusto e fu preso da una grande commozione, faticò a trattenne le lacrime.
“Dovrai farci l’abitudine se vuoi fare questo mestiere. – disse il commissario – Questo è un lavoro per gente che, in fondo in fondo, se ne frega di tutto e non dà un grande valore alla vita: alla sua come a quella degli altri.”
“Già – rispose con amarezza Otello – è un mestiere per gente che non ha emozioni.”
“E tu sei carico di emozioni.”
“Ogni minuto del giorno e della notte.”
“Diventerai un pessimo poliziotto.”
Pochi minuti dopo erano entrati in un affascinante cittadella rinascimentale. Il commissario fermò la macchina che aveva guidato a velocità sostenuta sotto le antiche mura medievali. A piedi passarono sotto l’alto arco d’ingresso del vecchio Capitanato e si ritrovarono in una piazza assai grande con palazzi alti e di antico lignaggio. Faceva freddo anche se era smesso il vento e non pioveva più.
In giro non c’era anima viva.
I due uomini, in silenzio e a passo svelto lasciarono la piazza e imboccarono una stradina laterale.
Dopo una cinquantina di metri arrivarono in uno stretto borgo dove, su una piazzetta, si affacciava la “Trattoria del Gallo”.
Entrarono.
Una benefica ondata d’aria calda e saporita li avvolse carica di odori invitanti.
Era un ampio locale di stile rustico, dislocato su due piani collegati da una scala in legno.
Il pavimento era di mattoni rossi: c’erano una decina di tavoli di legno massello quasi tutti già occupati.
In fondo alla stanza un lungo bancone fungeva da bar e caffetteria.
Una porta aperta dava sulla cucina, avvolta in una nebbia di vapori e di sapori.
Appoggiato sulla parete destra un maestoso camino era nel pieno delle sue funzioni: magnifico, tra altra legna, ardeva un ciocco di incredibili dimensioni.
Dalla cucina emerse grande, rossa in volto, bionda, soda, con un seno e due fianchi monumentali, una signora allegra che portava fiera i suoi cinquant’anni ancora densi di vita e aspettative.
“Commissario! – esclamò la donna con voce squillante e muovendo sensualmente le carnose labbra rosse – che bella sorpresa! Ma da quanto tempo ci trascura!”
“È colpa del lavoro, cara Rossella.”
Disse sorridendo Lattanzi e l’abbracciò e baciò due volte sulle guance.
Tenendola per le mani la guardò
“Sei sempre più bella!”.
Le disse.
“Non mi prenda in giro, commissario. E’ lei che è lo scapolo più bello della polizia.”
“Allora sposami.”
Disse lui con occhio scaltro e accarezzandola sulle braccia.
“Mi dia solo un momento che vado in cucina a chiedere il permesso a mio marito.”
Replicò lei ridendo di gola.
“Va bene, va bene. Per ora rimandiamo: non voglio del veleno nel pranzo! Ti presento Otello. Ha passato una brutta nottata…”.
“Si vede.”
Confermò lei con franchezza.
“Ora ha bisogno di mangiare e bere bene per ritrovare i sapori buoni della vita.”
“Accomodatevi a quel tavolo vicino al caminetto. State tranquilli che al resto ci pensiamo noi.”
Disse la donna tornando verso la cucina.
I due uomini si misero a sedere già rilassati dal caldo ambiente del locale.
In breve una ragazzina portò un cestino col pane, una caraffa d’acqua e una bottiglia di vino rosso.
“È il suo solito Chianti, le va bene?”.
“Perfetto”
Assentì il commissario senza chiedere il parere di Otello.
“Cosa vi prepariamo?”
“Di’ a Rossella che scelga lei un primo e un secondo piatto: buoni, allegri e saporiti. Come sa fare lei.”
“Va bene”
Disse la ragazza alzando contemporaneamente le spalle e le sopracciglia.
“Non ti offendere, Otello – disse Lattanzi quando la cameriera se ne fu andata – questa è una scenetta che io e la signora Rossella recitiamo da anni, così per gioco, e non posso cambiare copione solo perché ci sei tu: potrebbe rimanerci male. Comunque non ti preoccupare: qualsiasi cosa ci portino qui è tutto sempre molto buono e genuino.”
“Non c’è problema – subì Otello come un buon discepolo – tanto non so neanche se ho fame.”
“Sai ragazzo – disse l’uomo addentando un pezzo di pane – quando la preoccupazione o la stanchezza o lo sconforto ti assalgono non puoi lottare a lungo contro di loro, perché sono molto più forti di te. Tu puoi solo farti da parte, spostarti un attimo e lasciare che passino. Ti devi sedere – disse serio – e assaggiare un pezzo di pane buono come questo e, così, hai già ottenuto qualcosa perché ti dici oggi, posso ancora farlo, sono vivo e sano e ho tempo per recuperare. Non ci sono molte altre cose da imparare nella vita dopo che hai capito come gestire il tuo equilibrio fisico e mentale.”
“Il pane sarà anche buono, ma se penso a Susanna il mio equilibrio va a farsi benedire.”
“Prova con il vino.”
Disse l’altro sorridendo.
“Lei mi ha portato qui per prendermi in giro?”
Si offese Otello.
“No, affatto. Ti ho portato qui perché mi sembri un bravo ragazzo, perché hai delle indubbie qualità e mi sei simpatico. Ma hai ancora bisogno di imparare molte cose e se vuoi resistere nel mondo, in quello vero, cattivo, che sta là fuori, devi impararle alla svelta. Io, oggi, posso dedicarti un’ora della mia quasi vecchiaia. Se non ne hai voglia e necessità me lo dici e allora possiamo anche parlare di calcio.”
“Vorrei parlare del delitto.”
Lattanzi sospirò, tirò fuori da una tasca della giacca il pacchetto e si accese una sigaretta: assaporò con gusto, fin nei polmoni.
“E parliamo del delitto, allora. Ma, prima, spiegami una cosa: questa indagine è mia tu non c’entri nulla, perché ti sta tanto a cuore? Lo fai per vanità, per ambizione, per dimostrare che sei bravo? Lo fai perché vuoi vendicare la ragazza morta o perché vuoi imparare qualcosa del tuo lavoro?”
“Mi sta a cuore perché mi ci sono trovato in mezzo senza averlo chiesto e, ora, voglio conoscere la verità.”
“La verità? – esclamò il commissario sgranando gli occhi – ma la verità non esiste. Mai e poi mai, in nessun caso saprai se la tua ipotesi, se la tua ricostruzione dei fatti è quella giusta, se corrisponde alla realtà. Solo Dio sa queste cose. E tu non sei mica Dio, vero? Ti senti Dio?”
“No – disse risoluto Otello – non sono Dio, ma sono convinto che si debba scoprire chi è stato; sennò perché facciamo questo lavoro?”
“Non hai capito, scusami, ma non hai capito. È certo che tu arriverai a delle conclusioni e, magari, arresterai delle persone, ma loro ti racconteranno la loro versione dei fatti e, molto spesso, queta sarà diversa da quella che hai in mente. Loro, gli indagati, ti offriranno alibi su alibi, ti infileranno nel cervello il tarlo del dubbio, saranno molto più furbi, scaltri e sottili di te; proveranno a renderti insicuro: corroderanno le tue certezze.
E quando incontrerai chi ammette e riconosce la propria colpa sarà forse anche peggio perché sarai messo di fronte ai motivi impellenti, alle cause dolorose e tragiche che hanno causato il delitto: loro ti racconteranno dei loro problemi, della loro triste vita, delle loro delusioni e dei loro drammi; dell’impossibilità a fare diversamente. La vittima diventerà un aguzzino, un perfido, un mascalzone, un violento e il delitto diventerà, piano piano, una vendetta o addirittura un atto di giustizia e di liberazione.
I colpevoli si trasformeranno, ai tuoi occhi, in vittime!
E le tue idee saranno sempre più confuse, vacillerai se non riuscirai a essere abbastanza distaccato, freddo. Alla fine, se sarai cinico, come il nostro lavoro esige, li lascerai al loro destino: in galera o liberi, non importa se avrai fatto bene il tuo lavoro. E il caso da risolvere, la verità da scoprire, come dici tu, sarà soltanto un fascicolo nello schedario e, uscendo dall’ufficio, potrai andare tranquillo a farti un buon pranzo o una bella scopata e vivere la tua vita. Altrimenti, se rimarrai un sentimentale, idealista come sei adesso, non riuscirai mai ad assaporare il gusto dolce della verità che cerchi, ma ti rimarrà sempre in bocca il tremendo sapore amaro del dubbio. Perché rimane sempre la possibilità di avere sbagliato tutto. Ma ora basta con questi discorsi stupidi – disse riempiendo i due bicchieri – assaggia questo vino: è il perfetto risultato di un rapporto sessuale tra l’uomo e la natura.”
In quell’attimo arrivò Rossella tutta trionfante, con due piatti di tortelloni al sugo di carne.
Erano una quantità impressionante: due cupole profumate e fumanti.
“Commissario, commissario, sempre a parlare di sesso lei, vero? Pensi a mangiare questo ben di Dio che le dà la carica, allora. Il ripieno è con il cervello di vitello, come piace a lei, commissario.”
“Mi chiamo Nicola, te l’ho già detto milioni di volte; e milioni di volte ti ho pregato di darmi del tu.”
“No, commissario – ribadì lei – è una grande gioia, per me, qui, nella mia trattoria, chiamarla con il suo titolo.”
Detto questo la ristoratrice si piegò ad appoggiare i piatti sul tavolo.
La camicetta rosa si aprì mostrando la canaletta tra i due seni prosperosi e il ricamo del reggiseno.
“Il profumo è stupendo”
Disse il commissario con il naso a metà strada tra il piatto e il seno di Rossella, al punto che Otello non riuscì a capìra a cosa si riferisse.
“Buon appetito”
Disse la donna.
“Grazie.”
Nicola alzò con solennità un tortello appena inforchettato e disse serio:
“Tre tortelli e, poi, un sorso di vino rosso: questa è la sequenza ideale.”
E si mise a mangiare con passione.
Mangiarono di gusto tutti e due, in silenzio, per qualche minuto. Poi, sorseggiando il vino, Lattanzi rivolse, di nuovo, l’attenzione a Otello.
“Dobbiamo scoprire Il movente, solo cosi troveremo, alla svelta, il colpevole. Dovremo interrogare decine di persone: i compagni di università, i parenti, gli amici del paese, i conoscenti, il fidanzato …”
“A meno che non abbiano sbagliato persona! – buttò là Otello – In fondo l’hanno ammazzata nel letto di Sandra, al buio.”
“A meno che non abbiano sbagliato persona – convenne il commissario – ma io ho la sensazione che l’omicidio sia opera di professionisti. E, in genere, i professionisti non fanno errori grossolani come ammazzare la persona sbagliata.”
“Commissario – insistette Otello – secondo me dovete proteggere Sandra, altrimenti rischiamo di perdere anche lei.”
“Ci penseremo”
Disse l’altro infilzando, goloso, un tortello.
“Secondo me – riprese il giovane – può essere stato solo uno che conosce molto bene il posto …”
“Tu hai già trovato il tuo colpevole. Ma devi almeno dargli la possibilità di difendersi.”
“A me quell’Angelo sembra avere cento motivi per commettere il delitto. Comunque, se non è stato lui, lei pensa che possa essere stato quel bestione del Santoni?”
“No, non ci credo proprio. Ti ho appena detto che mi sembra un lavoro fatto da professionisti. Io, per ora, sto solo raccogliendo dati C’è tempo per tirare le conclusioni. Non bisogna avere fretta se non si vogliono commettere errori pericolosi.”
Otello annuì con la testa.
“Erano davvero buoni – disse Otello indicando il proprio piatto vuoto – ma erano anche tanti. Sono strapieno”.
“Sei giovane: devi mangiare. Non puoi lasciare a metà dell’opera.”
Arrivò la cameriera per togliere i piatti sporchi:
“Ancora un attimo di pazienza e arrivano i secondi”
“Vedi, Otello? È già pronto il secondo, ormai non puoi più tirarti indietro”
Ribadì Nicola.
“Se mangia sempre così, commissario, dovrebbe pesare duecento chili.”
“No, mangio così solo quando ho bisogno di caricarmi per un lavoro impegnativo; oppure quando sono in compagnia, magari di una bella donna.”
Dopo qualche minuto Rossella portò in tavola due sugosissimi piatti di spezzatino al vino rosso.
“Mi farete morire”
Sospirò Otello alla vista della mole di una portata così appetitosa.
“I giovani d’oggi non hanno resistenza.”
Disse Nicola rivolgendosi alla donna.
“È proprio vero – disse lei accarezzando con gli occhi il commissario – non ci sono più gli uomini di una volta!”
Fine parte ottava – continua –