Tornarono alla pensione che erano quasi le due e mezzo del pomeriggio.
Tutto sembrava tranquillo.
Nel parcheggio erano rimasti solo il pulmino della polizia e poche altre automobili.
I due poliziotti entrarono, gli agenti rimasti di servizio alla pensione salutarono il commissario che senza preamboli, disse:
“Fate venire il Santoni nella sala bar.”
Poi, rivolgendosi a Sandra, che gli era venuta incontro:
“Signora, mi faccia un favore: trovi un letto per il nostro giovane amico – proseguì indicando Otello – e lo faccia dormire. Ne ha bisogno. E anche lei, cara mia, si riposi un po’ e non si faccia venire sensi di colpa: da domani qui tutto tornerà normale e sereno.”
“Si – disse lei con amara ironia – normale e sereno.”
Era livida in volto, con gli occhi cerchiati e i capelli in disordine.
Era stanca, triste, sorretta solo da una grande energia nervosa.
“Vieni Otello – disse – oggi ho parecchie camere libere.”
Otello, appesantito dal pranzo e dalla stanchezza, era veramente distrutto:
“Prendo la mia sacca, in auto, e arrivo.”
Quando il giovane poliziotto tornò con la sacca in spalla salirono insieme le scale verso le camere.
Sandra apri la porta di una camera, al secondo piano:
“Ecco, qui starai tranquillo. Mettiti comodo e dormi. All’ora di cena, se non sarai ancora sceso, ti verrò a chiamare io”.
“Sandra …”.
“Che c’è?”.
“Ti devo parlare”.
“Dimmi”.
Otello la prese per la mano e la tirò dentro. Chiuse la porta. Lei, dolcemente, si liberò la mano.
“Potresti essere in pericolo.”
Le disse.
“Ci ho pensato.”
“Devi stare attenta, devi farti proteggere.”
“No, no. Se fosse davvero così è meglio che sia subito, anzi sarebbe già troppo tardi.”
“Il commissario è un uomo molto capace; troverà presto il colpevole. Io … io sono libero per tutta la settimana, fino a domenica non ho niente da fare, posso restare e proteggerti. Devi stare attenta, ma non aver paura …”
“Non ho bisogno di protezione – disse lei con freddezza – e l’unica paura che ho, se è davvero come dici tu, è che l’assassino non finisca alla svelta il suo lavoro.”
Usci con rabbia, quasi sbattendo la porta.
Otello era completamente privo di energie.
Si tolse con fatica i vestiti, lerci, buttandoli sul pavimento. Si infilò sotto le coperte. Sentì freddo. Poi tutto svani, in un sonno assoluto. Quando si svegliò gli ci volle qualche attimo per capire dove si trovava e per ricordare gli avvenimenti vissuti negli ultimi due giorni. Si alzò indolenzito, si affacciò alla finestra. Era già scuro, guardò l’orologio: erano quasi le sette della sera.
Entrò in bagno.
Quando ebbe finito, sentendosi già un po’ meglio, apri l’acqua e si infilò sotto la doccia.
Rimase a lungo sotto lo scroscio d’acqua calda, ritemprando il fisico e la mente.
Finalmente si sentì pulito e riposato.
Tornò, nudo, in camera; aprì la sua sacca, tirò fuori boxer, calzettoni, jeans, una camicia blu e, con calma, si vestì.
Si presentò davanti allo specchio pettinando, con le dita, i capelli ancora umidi.
“Così va già meglio.”
Pensò.
Si infilò le scarpe dopo averle ripulite con cura, mise tutti gli indumenti sporchi in un sacchetto e questo nella sacca.
La sacca era assai pesante, ne estrasse una corta pistola a tamburo, la controllò, la infilò in una fondina e se la allacciò alla caviglia sinistra.
Indossò, infine, un giubbotto di pelle nera.
Usci dalla sua camera e scese al piano terra.
Erano andati tutti via.
Il piccolo hotel era abitato, adesso, solo da lui, da Sandra, dalla giovane cameriera e dalla cuoca.
Trovò Sandra che stava litigando al telefono della reception:
“No! – gridava – ti ho detto di sparire! Vai subito alla polizia che ti sta cercando … vogliono sapere cosa hai fatto ieri notte … sì, sospettano di te … per ammazzarmi … perché sanno come ti sei ridotto … sì, io … no, io non ci credo … so solo che sei un povero idiota, che ti sei rovinato con le tue mani, che mi hai distrutto la vita … Ora ho altro a cui pensare. Sì, si, è meglio per te se ci vai subito … No, qui è tutto tranquillo, non ti preoccupare … Ti ho detto di non preoccuparti …Non fare stupidaggini, ti prego. Appena puoi fammi sapere qualcosa. Ciao, ciao… amore mio…”
Tirò giù il telefono.
Era sempre più stanca, sfinita.
“Sono andati tutti via?”
Chiese, timidamente, Otello.
“Si”.
“E non è rimasto nessuno della polizia?”
“Ci sei tu”
“Intendevo dire di quelli in servizio a questa questura.”
“No: ha detto il commissario che non gli sembrava necessario. Ha detto che più tardi ripassa da qui. Per ogni eventualità mi ha lasciato il numero del suo telefono cellulare.”
“Adesso, al telefono, stavi parlando con Angelo?”
“Si”.
“Ti fidi ancora di lui?”
“Non credo che sia un assassino.”
“Stai attenta, a volte l’amore può non far comprendere le cose, non essere imprudente.”
“Non so se l’amo ancora, certo ricordo il giovane che era e … e il ricordo di quei tempi è ancora dolce e tenero. Io spero solo che non si spaventi, che non faccia altre sciocchezze e vada subito alla polizia a chiarire le cose. Non ce la farei ad avere altre sofferenze per lui.”
“Hai voglia di uscire?”
“No”.
“Dai, prenditi una mezz’ora: solo il tempo di un caffè, poi torniamo subito qui. Ti farà bene.”
“No, grazie. Non ho voglia di vedere gente. Vai tu e non ti preoccupare per me: non corro alcun pericolo.”
“Va bene – disse lui un po’ più tranquillo – ma, se non ti dispiace, io stanotte resto a dormire qui.”
“Fai come vuoi, io ti ospito più che volentiri. Ma se davvero qualcuno volesse uccidermi troverà certo la maniera di farlo, prima o poi. Non potrai certo proteggermi per tutta la vita.”
“Potrebbe essere un’idea…”
Scherzò Otello, che, ora, si sentiva bene e aveva voglia di muoversi e di liberarsi la mente.
“Proteggermi per tutta la vita?”
Domandò lei.
“Non sarà necessario.”
“Me lo auguro. Vai, adesso.”
“Si vado a fare un giro in paese. – disse infine Otello – Ho bisogno di distrarmi un poco. Mi compro qualcosa da leggere e torno subito. Mi raccomando: non essere imprudente.”
“Non ti preoccupare, qui siamo tre donne molto agguerrite.”
Lo rassicurò lei.
Otello uscì, sali in macchina e si diresse verso il paese.
Per strada c’erano ancora i segni della tempesta della notte precedente: alberi scosciati, piccoli smottamenti, transenne e deviazioni sulla carreggiata.
Fine parte nona – continua –