La mattina seguente, era il 24 di dicembre, Biagio si svegliò verso le nove; si sentiva finalmente,
dopo tanto tempo, riposato, ma aveva la mente confusa.
Non aveva voglia di alzarsi e di affrontare la difficile giornata che, sicuramente, lo aspettava. Rimase a letto ancora un po’, vegetando, sforzandosi di non pensare e di non agire.
Più tardi si alzò e fece una doccia.
Quando uscì dal bagno vide che in casa non c’era nessuno e capì che tutti erano al lavoro da un pezzo, se n’erano andati senza disturbarlo.
I genitori li avrebbe trovati entrambi al lavoro da ore nel loro negozio di alimentari, ad affrontare con gioia e volontà la grande vendita della vigilia di Natale, Ida probabilmente era con loro, mentre Cesare era probabilmente a preparae un qualche esame universitario o, magari, al lavoro canch’esso con i genitori.
Era una di quelle giornate in cui tutti lavoravano senza fatica con indosso l’aria di festa e di serenità.
Biagio si sentì, di nuovo, estraneo, inutile all’interno del perfetto meccanismo che regolava l’andamento della sua famiglia.
Era la sensazione di sempre, in particolare di quando confrontava il proprio modo di essere: dinamico, ma irregolare e inconcludente con la concretezza di idee e la praticità del fratello più giovane.
Si rifiutò di approfondire la questione.
Si vestì e usci di casa per recarsi anche lui al negozio.
Il vento nella notte aveva spazzato le nubi e nel cielo sereno brillava un sole tiepido; l’aria era fredda ed entrava rapida e secca in gola e nei polmoni.
Il giovane si avviò a piedi, preso da un brivido di freddo si fermò quasi subito, si alzò il bavero del giaccone, infilò le mani nelle tasche e riprese a camminare, lentamente, guardandosi in giro: aveva in sé il timore di vedere spuntare all’improvviso Giulia, studiava con agitazione le parole che avrebbe dovuto dirle.
Incontrò invece due vecchi amici con i quali si fermò a chiacchierare senza riuscire a superare un evidente stato di imbarazzo e di irrimediabile distanza.
Si salutarono, dopo poco, con una scusa banale e un sorriso mesto.
Un’anziana signora, un po’ svanita, si fermò per chiedergli come si trovava sotto le armi e quanti giorni di licenza avesse avuto; un uomo, con un grosso naso aquilino, attraversò la strada sorridente per andargli a stringere la mano e poi, con una pacca sulla spalla, lo freddò domandandogli se fosse tornato a batter cassa in famiglia e se avesse bruciato un bel po’ di soldi in giro per il mondo.
Biagio lo mandò a quel paese, ma sorridendo.
“Senti ragazzo – gli disse allora l’uomo – voglio dirti una cosa.”
“Mi dica. Cosa c’è?”
“Nei piccoli paesi come il nostro tutti ci conosciamo e ci salutiamo.”
“E quindi?”
“Quindi tutti sappiamo tutto di tutti. Poi ci sono quelli che ti sorridono e ti parlano alle spalle…”
“E?”
“E poi ci sono quelli che ti sorridono e ti dicono in faccia ciò che tutti glia altri ti dicono alle spalle. Guardati da quelli che ti sorridono e basta!”
“Io preferisco quelli che si fanno i cazzi propri – disse acido Biagio – Arrivederci.”
Il nasone, interdetto, non capì perché quel ragazzo fosse così maleducato e palesemente contrariato, l’osservò andarsene senza più proferire parola.
Alla fine Biagio giunse al negozio.
Erano quasi le undici e mezzo e dentro c’era una piccola folla: donne che discutevano del pranzo di Natale, degli acquisti che ancora dovevano fare, della fretta che avevano perché a casa era ancora tutto da fare; una signora grassottella e rossa in volto chiese alle altre se la lasciavano passare perché rischiava di perdere l’autobus per tornare in montagna; un’altra si lamentava del marito e dei figli perché
“Arrivano a casa – diceva – e non muovono neanche un tovagliolo; si fanno servire per tutto…”
“Sei te, citrulla – la zitti un’altra – che li hai abituati così; a casa mia rigan tutti come fusi: che si provino a comandare…”.
Una giovane donna ce l’aveva col Comune per una buca pericolosa nell’asfalto che da mesi aveva davanti a casa:
“Uno di questi giorni invece di telefonargli ci vado di persona e gli faccio saltare le scale”
Minacciò.
Intanto Cesare e il padre, di là dal banco, servivano con celerità e attenzione cercando di accontentare tutti i clienti senza scontentare sé stessi.
Biagio, entrando, salutò, poi si appoggiò con il gomito al banchetto dove la madre era impegnata a incassare, dare resti, ringraziare e augurare buone feste.
In quel mentre una vecchietta piccola e con degli occhialoni spessi si avvicinò alla cassa con una busta di latte in mano e si rivolse al giovane guardandolo dal basso in alto.
“E voi, giovanotto, siete tornato? Bravo, così fate contenta la vostra mamma, che in questi mesi era così abbacchiata! Ma dove siete stato?”
“In crociera, signora”
Rispose lui con aria un po’ scocciata.
E la vecchietta:
“Bene, cosi vi siete goduto un bel po’. Ma ora riguardatevi che mi parete imbambolato: ‘un lo vedete che se state qui appollaiato ‘un si pole arrivare alla cassa a pagare? Così ‘un li fate mia i vostri interessi.”
Biagio si scansò e aspettò che la madre, tutta rossa in volto, avesse dato il resto alla donnetta e che questa fosse già sulla porta del negozio per richiamarla.
“Che volete, ora?”
Disse lei.
“Vi volevo invitare: la prossima volta. ci si va insieme in crociera”.
“Volentieri – rispose l’anziana signora tutta contenta – ma se m’avete invitato vuol dire che pagate vò.” e se ne andò impettita.
Nel negozio non erano rimaste che un paio di clienti, così Biagio potè parlare col fratello:
“Cesare, ti volevo chiedere se Giulia lavora sempre al solito posto.”
“Sì, sempre nello studio del ragionier Carli. Perché me lo chiedi?”
“No, niente, così. Beh ciao, ora devo andare.”
“Come devi andare – protestò Cesare – non ti fermi ad aiutare?”
“No, Cesare, non oggi…”
“Non oggi? Oggi è la vigilia di Natale! Lo sai? Quando è che vorresti aiutare? Domani che siamo chiusi?”
Il padre tirò una brutta ochhiata ad entrambi:
“Ragazzi. Volete stare zitti? E tu vai – disse a Biagio – vai dove devi andare e rifletti sulle cose giuste da fare.”
Biagio uscì dal negozio salutando appena.
“E’ sempre il solito!”
Commentò Cesare.
Biagio percorse a passo svelto la strada in leggera discesa che separava il negozio di alimentari dalla piazza dove era parcheggiata la sua auto. Salì. Mise in moto; aspettò. Spense il motore. Scese di nuovo dall’auto sbattendo con rabbia lo sportello e s’incamminò cercando di decidere quello che doveva fare; dopo pochi minuti si ritrovò appoggiato al parapetto del fiume. Restò lì, a lungo, ad osservare lo scorrere veloce e saltellante dell’acqua.
In quel punto si incontrano i due torrenti che danno origine al fiume Versilia; qui nessuno è affluente dell’altro:
due corsi d’acqua, di pari importanza, soltanto si incontrano e si mescolano l’un l’altro, si sposano con un abbraccio intenso e tumultuoso, si annullano e dalla loro vita prende vita il nuovo fiume.
Biagio, fin da bambino, aveva cercato spesso qui ispirazione e conforto.
Le campane dell’antica chiesa romanica del paese si misero a suonare, era mezzogiorno: tra mezz’ora Giulia sarebbe uscita dal lavoro. Il giovane tornò indietro, salì in macchina e parti.
In cinque minuti giunse a Pietrasanta, parcheggiò nella piazza del mercato e fece in tempo anche a bersi un cappuccino; poi, con decisione, si recò davanti al portone del palazzo dove lavorava Giulia. Restò in attesa.
Si stava mettendo alla prova senza avere un minimo di idee chiare sulle sue reali intenzioni, senza preventivare niente, senza sapere come affrontare una situazione che sicuramente non sarebbe stata facile: come al solito, inconsciamente, riversava tutta la responsabilità delle azioni e reazioni concrete sulle spalle della ragazza.
Il portone si aprì, facendo sussultare il cuore a Biagio, ma erano due ragazze che uscivano di fretta chiacchierando fitto. Biagio, dall’altro lato della stretta strada, si appoggiò con pazienza al muro e accese una sigaretta, Passò una signora bionda in bicicletta, che tutta tirata e impomatata parlava con amore a un barboncino nano piazzato nel cestino rosa e attaccato al manubrio della bici.
Biagio li guardò entrambi con disgusto.
Un minuto e il portone si aprì di nuovo: uscì Giulia accompagnata da un uomo sulla quarantina, elegante e abbronzato: lui le parlava con cordialità e lei ascoltava e sorrideva dolce.
I due si salutarono, l’uomo sali su una E38 della BMW parcheggiata li vicino e partì piano, con andatura da crociera.
Giulia si era già avviata, a piedi, nella direzione opposta.
Fine parte terza – continua –