Severgnini rientrò in stanza, come detto, dopo almeno un quarto d’ora: aveva i capelli umidi e sembrava più rilassato e riposato.
Lo invidiai fortemente all’idea che avesse potuto farsi una doccia calda, ancor più pensando che dopo tutto quello che era appena successo, non potevo immaginare quando mai avrei potuto rifarmi io una doccia confortante e in un ambiente confortevole.
- Dove eravamo rimasti?
Domandò Severgnini riprendendo posto sulla sua comoda poltrona.
- Eravamo rimasti a mia figlia che a ventidue anni ha deciso di lasciare l’Italia per trsferirsi a Berlino.
- Esatto!
- Adesso farei un breve passo indietro nel tempo…
- Lo ritiene necessario?
- Si, perché deve sapere che circa soltanto dieci anni dopo la morte di Luisa sono riuscito a riavere rapporti sessuali.
- Me lo aveva già detto. Crede che questa notizia sia così rilevante? La reputa così interessante per gli inquirenti?
- Non scherzi su queste cose, ispettore.
Raccomandai.
L’atteggiamento di Severgnini aveva cominciato ad irritarmi.
- Non scherzo mai in queste occasioni, professore. Prosegua.
Anche lui si era irrigidito e mi guardava con occhi differenti rispetto a poco prima.
Pensai che temesse di essere preso in giro da me.
Cercai di calmarmi, di dominare la stanchezza e ripresi il mio racconto esattamente dallo stesso punto di cui avevo deciso di parlare.
- Fu una mia collega, l’insegnante di scienze, ad aiutarmi a riprendere una vita normale… Capitò un pomeriggio con una classica e banale cosa veloce nell’aula degli insegnanti. Insomma, più o meno consapevolmente, avevamo fatto in modo di rimanere da soli nell’intero istituto. La mia collega si era da poco divorziata, avevamo circa la stessa età: poco più di quarant’anni, ma io ero un uomo diventato rapidamente vecchio e impacciato dopo i dieci anni di sostanziale clausura emotiva e sonsoriale. Non eravamo innamorati, ma ci servivamo reciprocamente come terapia per le nostre ferite. Furono sei, otto mesi di sesso sfrenato finché non ci rendemmo conto che la nostra relazione sarebbe potuta tranquillamente finire senza che nessuno dei due ne dovesse soffrire. Ci lasciammo, così, per consunzione naturale della fiamma… e del bisogno. E ci lasciammo da buoni amici quando, poco dopo, lei ottenne il trasferimento a Lucca.
- Non l’ha più vista o sentita?
- Si, ci siamo rincontrati qualche volta, sempre in ambito scolastico e ci siamo fatti qualche risata su quella sfrenata stagione di sesso senza amore. Abbiamo entrambi, credo, un piacevole ricordo di allora.
- Per venire ad oggi?
- Dottore aspetti… le devo ancora dire che dopo la collega di scienze, di cui non faccio il nome perché non interessa per quello che ancora ho da raccontarle… dopo di lei, dunque, ho avuto, per un certo periodo: un paio di anni circa, soltanto pochi rapporti occasionali. Alcuni anche a pagamento. E, devo confessare che furono tutti assai frustranti e deludenti. Non credo soltanto per me, ma anche temo per le mie occasionali compagne. Fu quello un periodo brutto, una sorta di ricaduta in un vortice negativo che per anni avevo cercato di scansare. Mia figlia stava diventando grande: nel periodo tra i suoi quindici e diciannove anni i nostri rapporti andarono via via peggiorando. Lei era sempre più irrequieta, irascibile, scontenta e pretendeva progressivamente sempre più libertà. Io ero messo spesso sotto accusa da lei e mi sentivo sempre più solo, inadeguato, impreparato a gestire positivamente la veloce crescita di mia figlia.
- Sono cose che capitano a tutti i genitori.
- Io ero da solo e non ero evidentemente all’altezza.
- Posso capire.
Fine Parte Quarta – Continua
In copertina: Klimt, Danae – 1907 – 1908 – olio su tela. 77×83 cm. Collezione privata Graz