Tornato dal bagno bevvi un poco d’acqua e ripresi a raccontare, anche se giunto a questo punto, forse, dovrei dire che cominciai a confessare.
- Come le stavo dicendo, dopo aver fatto una serie di riflessioni, dopo aver preso qualche informazione, tenendomi sul vago, da conoscenti comuni e avendo monitorato i profili social di Marte e di alcune delle sue amiche ho pensato che avrei potuta trovarla da sola a casa sua ieri nella tarda serata.
- Come era giunto a questa conclusione?
Sorrisi per un moto di soddisfazione adolescenziale: come un ragazzo che porta a casa un bel voto dalla scuola.
- Avevo letto sul profilo di una sua carissima amica che ieri sera ci sarebbe stata una cena a casa di un notaio che anche io avevo avuto modo di frequentare per qualche tempo. Le probabilità che anche Marta fosse stata invitata dalla moglie del notaio erano altissime. Così, ieri sera, con tutta calma mi sono preparato, sono andato a cena ad un ristorante del centro, e poi, poco prima della mezzanotte mi sono recato in auto in prossimità dell’abitazione di Marta. Si tratta di una villletta di campagna con un piccolo giardino sui quattro lati e circondata da terreni olivati. E’ situata in zona assai tranquilla e isolata, nella campagna ormai quasi tutta urbanizzata tra Querceta e Pietrasanta a poca distanza dal fiume, a dieci minuti da qui.
- Conosco bene la zona.
Tenne a precisare il poliziotto.
- Raggiunta la casa – continuai senza dare soddisfazione al mio interlocutore – ho parcheggiato la mia auto in uno slargo di terra sterrata che si trova oltre la villetta di Marta e abbastanza appartato da impedire la vista dell’auto parcheggiata a chi arrivi dalla strada principale.
Ora la concentrazione dei tre poliziotti era al massimo.
- Sicuro che non vuole proseguire in presenza di un avvocato?
Domandò nuovamente, interrompendomi, Severgnini.
- Sono sicuro, come le ho già detto. Per il momento posso proseguire da solo. L’avvocato mi servirà sicuramente, ma più avanti, non adesso.
- Come vuole. Prosegua.
- Parcheggiata come detto l’auto, sono riuscito facilmente ad entrare nel giardino della villetta attraversando un campo olivato e poi passando da un cancellino sul retro. Un cancellino che anche io alla mia età riesco a superare con poco sforzo.
- Non ci sono sistemi di allarme?
- In casa si. La casa: cantina, piano terra e zona notte mansardata sono, io credo, inattaccabili per i sistemi di sicurezza e allarme di cui l’abitazione è dotata. Ma il giardino è totalmente sguarnito di difese.
- Niente cani da difesa?
- Niente cani e niente animali. Marta non sopporta le bestie, come le chiama lei e, a dire il vero, neanche io amo gli animali. A ben pensarci in tutta la mia vita non ho avuto nessun animale da compagnia, neanche un pesciolino.
- Peggio per lei, professore. Avrà studiato tanto, ma dal punto di vista affettivo ha perduto molto.
- Ho guadagnato molto tempo libero, in compenso. Per me e finché ha voluto anche per mia figlia.
Ricordo bene che Severgnini fece un’espressione disgustata per le mie parole.
- Il suo è un pensiero cinico, professore.
Sentenziò.
Lei è un cretino e non sa niente del pensiero cinico avrei voluto rispondergli, ma ovviamente non lo feci.
- Sono punti di vista e predisposizioni naturali.
Risposi.
Il poliziotto ritornò sul punto.
- Mi dica piuttosto se era armato quando ha violato la prorpietà privata della sua ex compagna.
- Non ero armato. Non ho mai posseduto un’arma, neanche un coltello.
- Meglio! Prosegua.
Cercai, di nuovo e rapidamente di riordinare i ricordi e le idee.
- Dal retro del giardino mi sono rapidamente recato sul davanti, dove c’è un non grande veranda rialzata da quattro gradini in pietra dal piano di campagna e che d’estate Marta arreda con sedie e sdraio da spiaggia. Contavo di aspettare lì il suo arrivo e, nell’attesa, di mettere in fila le cose che avevo da dirle. Purtroppo, quando sono giunto sul fronte del giardino ho visto che la T-Roc Cabriolet di Marta era parcheggiata al posto dove viene sempre lasciata quando lei è a casa. Questo scombinava i miei piani, che mi rendo conto erano assai elementari…
- La signora era in casa?
- Dopo pochi minuti ho pensato che non fosse in casa, perché tutte le luci erano spente e nessuno ha risposto al mio bussare e al mio suonare il campanello.
- E quindi?
- E quindi ho pensato che Marta potesse essere uscita in compagnia e con l’auto di un’altra persona. Devo dire che l’idea mi irritava alquanto.
- Quale idea?
Domandò Severgnini.
- L’idea che qualcuno che non ero io fosse venuta a prenderla a casa per accompagnarla a cena.
- Ragiona come un adolescente.
Commentò l’ispettore.
- Non sono interessato ai suoi giudizi grossolani – replicai alzando il tono della voce – ascolti cosa ho da dirle.
Severgnini mi guardò con l’aria di un poliziotto che sta per mettere le mani addosso ad un fermato insolente.
- Vada avanti, allora!
Gridò.
- Il fatto che probabilmente fosse uscita in compagnia significava che non sarebbe tornata da sola. Un’altra possibilità era che fosse partita e che qualcuno l’avesse accompagnata alla stazione o all’aeroporto. Capitava spesso che partisse per viaggi di qualche giorno decidendo all’ultimo momento. Se così fosse stato avrei rischiato di passare inutilmente la notte all’aperto.
- Oppure più banalmente la sua ex fidanzata poteva essere in casa a dormire beatamente, da sola o in compagnia, – osservò con perfidia Severgnini – e comunque infischiandosene dei disturbatori notturni.
- Esatto – confermai, questa volta senza dare cenni di gelosia – e per tuttti questi motivi mi sono dato un’ora di tempo di attesa. Ho guardato l’orologio: era mezzanotte e quindici. All’una e un quarto se Marta non fosse ancora tornata a casa me ne sarei andato.
La deposizione aveva subìto a quel punto una nuova pausa. Io avevo interrotto il mio racconto e Severgnini era rimasto ugualmente in silenzio, forse cercando di analizzare tutte le notizie che gli avevo fornito, forse pensando all’opportunità di qualche domanda da farmi.
Io sentivo sempre più forte il bisogno di lavarmi e poi di riposare, pensai che ero stato stupido a non passare da casa prima di andare alla polizia, ne avrei avuto tutto il tempo.
- Da ciò che ci dice, professore – riprese infine l’ispettore – si potrebbe dedurre che lei è andato a mezzanotte a casa della signorina Marta, senza preavviso, organizzanto praticamente un agguato, soltanto per avere un chiarimento? Non le pare una cosa poco credibile?
- Io non volevo un chiarimento soltanto, io volevo sbatterle in faccia la sua malvagità. Per questo ero disposto anche a prenderle di sorpresa e a spaventarla se necessario.
- Lo sa, vero che sta già confessando un reato?
Mi venne da ridere.
- Sono venuto proprio per questo e per altro ancora, dottore.
Affermai, con evidente sfrontatezza.
- Vada avanti.
- E invece – ripresi – dopo tutte le mie congetture. Dopo circa mezz’ora, mentre cercavo di rilassarmi seduto su una sdraio in veranda, vidi spuntare dal fondo della strada i fari di un’auto che si avvicinarono a discreta velocità fino a fermarsi davanti al cancello della casa di Marta. Dopo pochi istanti si azionò il meccanismo di apertura del cancello e i fari dell’auto illuminarono il buio della notte nel giardino. Era un’auto che non avevo mai visto. Sicuramente qualcuno dei suoi amici la stava accompagnando a casa. Per un attimo ho pensato di ritirarmi rapidamente nel retro della casa e fuggire via passando dallo stesso cancelletto che avevo oltrepassato per entrare. La mia mente girava a mille… un attimo dopo ho deciso di affrontare comunque Marta: dovevo prima o poi parlarle e con o senza testimone per me sarebbe cambiato poco. Poi ero troppo curioso di sapere chi era la persona che era con lei in auto. Mi stava montando una gelosia feroce e inarrestabile.
- Gelosia per cosa, mi scusi, se Marta l’ha lasciato da mesi e mesi.
- Mi ha lasciato in malo modo e senza spiegazioni.
Mi giustificai.
- E con questo?
Non avevo voglia di rispondere alle banali domande del poliziotto.
- Comunque sia, – prosegii senza badare a ciò che diceva Severgnini – mentre la macchina si arrestava io, tenendomi fuori dai coni di luce dei fari, sono sceso in giardino, mi sono messo vicino alla siepe dalla parte del passeggero in attesa che Marta scendesse dalla vettura. A questo punto una rabbia feroce mi aveva sconvolto e volevo veramente, con tutte le mie forze farle una bella sorpresa!
Presi, allora, dal taschino della mia giacca un fazzoletto con cui mi asciugai la bocca impastata e schiumante.
Credo in quel momento di avere avuto un ghigno idiota sul volto, almeno così mi sembrò osservando lo sguardo sbigottito e atterrito dell’ispettore che stava raccogliendo la mia deposizione.
Fine Parte Ottava – Continua
In copertina: Julie Mehretu, Stadia II, (2004). © Julie Mehretu, Carnegie Museum of Art, Pittsburgh