A questo punto Severgnini si alzò.
- Non si muova da qui.
Mi intimò.
-Dove vuole che vada!
Risposi mentre lui correva fuori dalla stanza.
Dopo un attimo lo vidi di là dal vetro che impartiva agitati ordini ai due agenti che rapidamente sparirono dalla mia vista.
Il poliziotto rientrò nella stanza dove mi trovavo oramai da lungo tempo, aveva la fronte sudata ed era rosso in volto.
- I miei colleghi si sono recati all’abitazione di Marta. Può dirmi senza tanti giri di parole cosa troveranno?
Risposi domandando.
- Come sa dove abita Marta?
- Professore, ma con chi crede di parlare? Una bella ragazza di trentadue anni, avvocatessa, figlia di un noto avvocato, che si chiama Marta… Pensa che non siamo capaci di fare deduzioni?
- Ha ragione, mi scusi.
Dovetti ammettere.
- Adesso la smetta di fare il furbo con me. Mi dica come sta Marta, come l’ha lasciata…
- L’ho trascinata in casa svenuta, ho preso dei cavi nella sua cantina, l’ho legata e poi l’ho aiutata a risvegliarsi.
- L’ha legata? Ma è pazzo!
- Avendola legata non ho avuto necessità di lottare con lei e farle del male se avesse tentato di fuggire.
- Cosa le ha fatto?
- Niente di male, non si preoccupi, abbiamo parlato fino alle sei di questa mattina. Dopo che ha vomitato e che io l’ho tutta lavata e ripulita abbiamo cominciato a confrontarci e così io ho potuto spiegarle in cosa il suo comportamento era sbagliato. All’inizio ha negato, mi ha insultato, mi ha maledetto, mi ha sputato. Poi ha pregato che non le facessi male. Ha cercato di farsi liberare le mani e piedi promettendo che non mi avrebbe aggredito. Ma io sono stato irremovibile. Ho continuato a rappresentarle le mie ragioni ed i suoi torti finché non è scoppiata in lacrime ed è riuscita a chiedermi perdono.
- La ragazza ha chiesto perdono a lei?
- Si era questo ciò che volevo. Che riconoscesse le sue colpe nei miei confronti e che dimostrasse pentimento. Poi subito dopo ha avuto come un malore. Forse la stanchezza, forse la paura, forse gli effetti della digestione… ha avuto come una crisi, ha cominciato a tremare e a scuotersi ed ha rilasciato pipì ed altro.
- Neanche questo l’ha impietosito? Neanche dopo questo ha pensato che avrebbe dovuto chiamare i soccorsi?
- Perché avrei dovuto impietosirmi? Mi stavo riprendendo la mia dignità. E poi l’ho soccorsa io, di nuovo. Saranno state quasi le due della notte. Anche io ero spossato e anche a me stavano prendendo attacchi di panico ed ogni rumore mi spaccava il cervello. Nonostante questo mi sono fatto forza, le ho liberato le caviglie dai lacci, l’ho spogliata, lavata, pulita e asciugata tutta. Alla fine lei si è ripresa, stava meglio. Io ero sfinito… e… e ho dovuto riprendere altra cocaina per non crollare.
- Non l’ha liberata?
- Mi ha chiesto la cocaina anche lei. Era eccitata. Anche io ero eccitato. L’ho accontentata, e le ho fatto aspirare la polvere dal dorso della mia mano. Poi…
- Si fermi! – gridò Severgnini – Lei è folle, è un pazzo maniaco e criminale. Spero che arrivi presto il magistrato ad interrogarla. Io sono disgustato delle sue porcherie. Mi dica soltanto se quando è uscito da quella maledetta casa Marta era ancora viva.
- Si ispettore, Marta era ancora viva: perché sono riuscito a farle dire mille volte scusa per come si era comportata con me! Perdonami, perdonamigridava ancora quando io ero già fuori dalla sua maledetta casa.
- Mi fa schifo.
Aveva mormorato allora Severgnini.
Quello dell’ispettore non era per me, in quel momento, un comportamento professionale e glielo dissi. - Dottore, io sono venuto a confessare i miei reati verso la legge, ma non sono tenuto ad ascoltare il suo giudizio morale su di me. Da ora in poi potrà ascoltare soltanto il mio silenzio, in attesa del procuratore o di chi sarà chiamato ad occuparsi del mio caso, da ora in poi parlerete esclusivamente con il mio avvocato che chiamerò appena mi sarà concesso farlo.
Rimanemmo in silenzio, senza guardarci più per un tempo indefinito, finché non si aprì la porta della stanza dove ci trovavamo oramai da lungo tempo ed entrarono il questore, due agenti di polizia e un omino occhialuto che mi si presentò come il sostituto procuratore Paoli.
Severgnini raccontò in estrema sintesi ciò che aveva ascoltato da me.
Il procuratore valutò con il questore che fosse bene disporre subito il mio trasferimento al carcere di Lucca.
Mi consentirono di chiamare il mio avvocato e mi condussero via.
Il processo venne rapidamente istruito e venni condannato in primo grado a quattordici anni per omicidio preterintenzionale, a sei anni per sequestro di persona e a un anno per violazione di domicilio.
Non presentai ricorso.
Non credo che ci sia molto altro da aggiungere. Tutto il resto delle notizie su questa vicenda i curiosi potranno trovarli negli atti del processo e nelle rassegne stampa dell’epoca.
Sergio Barsanti
Gorgona, 3 maggio 2017
Fine Parte Decima – Continua
In copertina: Salvador Dalì – Morbida costruzione con fagioli bolliti: premonizione di guerra civile (1936) – olio su tela, 100×99,9 cm. Philadelphia Museum of Art, Filadelfia, USA