DUE
Con questa sconfitta si chiude un pezzo di storia politica italiana che ci ha visto perdere come Partito Democratico quasi sette milioni di voti rispetto al 2008, cioè quasi il 60% del totale di allora visto che oggi siamo 5,3 milioni di voti.
Noi non potremo avere un futuro positivo se non saremo in grado di aprire una stagione nuova e completamente diversa, se non saremo capaci di mettere definitivamente a riposo i numerosi cacicchi locali, regionali e nazionali.
Attenzione non propongo una rottamazione di seconda mano, cioè una sostituzione di un ceto politico ad un altro, ma un radicale cambio di cultura e strategia politica a partire dall’immissione del nostro statuto nazionale di nuove regole senza deroghe.
Io dico che un partito così ridotto si risana solo con misure draconiane: fine dell’epoca dei gazebo per la selezione della classe dirigente e dei candidati alle elezioni, fine del partito leggero, selezione progressiva della classe dirigente a partire dalla militanza di base e sulla base di qualità, operosità e affidabilità, massimo due mandati per ogni tipo di incarico istituzionale, metà soldi al partito dove ci sono indennità alte, trasparenza totale nei redditi e nei finanziamenti degli eletti, obbligo di presenza alle riunioni istituzionali, obbligo di presenza alle riunioni del partito in base agli incarichi e alle competenze, obbligo di condivisione con il partito delle scelte amministrative e di governo strategiche.
A me non sembra normale che nel nuovo parlamento siedano, solo per citare i più noti, Andrea Orlando per la quinta volta, Enrico Letta per la sesta, Gianni Cuperlo per la quarta, Maria Anna Madia per la quarta, Paola De Micheli per la quarta, Piero Fassino per la settima, Dario Franceschini (questa volta con moglie al seguito) per la sesta e Boccia e Verducci per la quarta.
E non è solo questione dei parlamentari, ma anche di quelli che saltano da un posto ad un altro senza interruzione di continuità. E’ il caso, ma è solo esempio tra molti possibili, di Nicola Zingaretti europarlamentare, presidente della provincia di Roma, Presidente della Regione Lazio, Parlamentare in totale continuità dal 2004 ad oggi.
Ecco, a me sembra che su queste cose debba calare une scure impietosa.
In generale non ho mai pensato che andassero demonizzati i politici di lungo corso che, sicuramente, hanno qualità superiori alle mie, ma credo che in momenti come questi il nostro elettorato abbia bisogno di segnali molto forti di dedizione, altruismo, generosità.
Per questo penso che il nuovo PD dovrebbe chiedere agli attuali dirigenti nazionali di assumersi la responsabilità delle condizioni nelle quali versa il partito e farsi da parte.
Oppure si pensa che basti cambiare un’altra volta il nome?
La reiterazione dei soliti volti delle solite persone che esprimono i soliti atteggiamenti e discorsi e che occupano i medesimi posti di potere danneggia l’intera nostra comunità.
Perché se è vero che anche Meloni è tanto tempo che è in parlamento, è pure vero che da dieci anni circa lei è all’opposizione e che la sua linea politica, per quanto a noi non piaccia, non ha mai subito tentennamenti o contraddizioni.
Come scrive Michele Serra “la destra, negli ultimi anni, ha continuato a fare la sua, la sinistra no. Era troppo occupata a salvare la Patria.”
Questo è uno dei motivi della sconfitta: loro hanno tenuto la Fiamma o Alberto da Giussano sui loro simboli e sui loro vessilli noi che abbiamo il simbolo con i colori della bandiera italiana, alle ultime elezioni abbiamo usato il rosso e il nero per l’intera nostra comunicazione: e questo la dice lunga sul fatto che siamo in totale confusione.
Come sappiamo la campagna elettorale si è aperta con la figuraccia del non accoro con Calenda ed è proseguita indirizzata da un algido razionalismo politico, privo di idee forza, privo di una organizzazione efficiente e troppo basato sull’individuale spontaneismo dei candidati.
Una campagna elettorale dalla quale non siamo riuscita a fare emergere un progetto, un’idea di futuro, una forza vitale che potesse infiammare gli animi.