XII
Anna aveva avuto l’onore di chiudere l’assemblea cittadina con un intervento che riassumeva tutta la strategia, delineata quella sera, per difendere l’ospedale cittadino dalla chiusura e che prometteva ai numerosi presenti la vittoria finale nei confronti della pianificazione regionale. Bastava solo che nessuno mollasse, che tutti i cittadini, uniti, mantenessero alto il clima della protesta.
Il Sindaco, presente alla riunione e seduto due posti più in là, al tavolo della Presidenza, cominciò, per primo, ad applaudire seguito da tutta la sala con un boato galvanizzato e liberatorio che pose fine alla riunione e consacrò la giovane professoressa reginetta della serata.
Il ragionier Marchi, che mirava ad essere il prossimo avversario del Sindaco alle elezioni comunali, la scortava, tra la folla, radioso come per voler rimarcare che quella brava ragazza, che quella sua pupilla e allieva, in fondo, l’aveva scoperta lui ed era in tutto e per tutto una sua creatura.
“E’ stata una magnifica serata – le disse mentre stringeva calorosamente la mano ad un concittadino – non avevo osato sperare che avremmo avuto una così grande adesione.”
“Siamo solo all’inizio – rispose, con serietà, Anna – bisogna stare attenti a non far diminuire l’attenzione.”
“Sei così decisa…” le disse Flavio con tono ammaliato.
Il Sindaco salutò Marchi con una amichevole pacca sulla spalla:
“Buonanotte ragioniere, ci vediamo presto, e… mi raccomando faccia firmare a tutti la petizione. Più firme abbiamo e meglio è: poi ci pensiamo noi a vedercela con l’Assessore regionale!”
“Ci può scommettere che gliela faremo vedere! – rispose Flavio con un tono che poteva sottintendere tutto e il contrario di tutto – I cittadini ci seguono e ci seguiranno sempre di più.”
Il ragioniere allontanò Anna dalla ressa:
“Quello è un buffone – le disse, sottovoce, con un lato della bocca chiuso e l’altro appena aperto per far sfuggire sibilline parole – ci vuole usare per prendere voti, ma finora non ha mosso un dito per il nostro ospedale. Se aspettiamo lui possiamo chiudere i battenti.”
Avvicinandosi all’uscita continuarono a parlare, a stringere mani, a sorridere e salutare.
L’aria fredda della notte li punse sui visi accaldati dalla foga della riunione, ormai erano rimasti in pochi: i cittadini, a piccoli gruppi, si stavano allontanando lasciandosi alle spalle commenti e brandelli di discussione che lentamente si dissolvevano nelle tenebre.
Flavio, in strada, con aria misteriosa, si avvicinò, un po’ di più, ad Anna:
“Sei stata veramente molto brava – le disse – mi sei proprio piaciuta. Sai – continuò – il prossimo anno ci saranno le elezioni comunali ed io e alcuni amici stiamo già lavorando per preparare il programma elettorale e la lista dei candidati. Non possiamo più lasciare la nostra città nelle mani di incapaci ed arrivisti: guarda come ci hanno ridotto! Se ti interessa io sarei molto felice di invitarti a partecipare…”
“Ma io non faccio parte di nessun partito, non conosco come funzionano queste cose, non sono mai stata…”
“Che importa! – spiegò lui, prendendola sotto braccio e accompagnandola con modi cavallereschi – Non esistono più i partiti come dieci o venti anni fa. Oggi i cittadini: quelli seri, quelli che conoscono il lavoro e la vita, quelli che hanno lottato e faticato per costruirsi qualcosa devono riprendersi i loro diritti e sbattere fuori tesserati e burocrati. Oggi devono farsi avanti le persone qualificate, oneste, stimate dai concittadini.
La campana sta suonando per la gente pulita, per gli uomini e le donne libere e indipendenti che sono capaci di pensare con la loro testa, che non prendono ordini dalle oligarchie di partito, che pensano solo al benessere, allo sviluppo della loro comunità: donne e uomini come te… e come me!”
Illuminato dalla luce gialla di un lampione Flavio era affascinato dalla prospettiva di questa nuova avventura, sembrava sinceramente convinto di quello che diceva e Anna, le mani infilate nelle tasche del paltò, il colletto alzato e le spalle strette per proteggersi dal vento freddo, lo ascoltava con partecipazione.
“E’ un’idea che mi spaventa – rispose dopo un po’ – mi intriga, ma soprattutto mi spaventa… ci dovrò riflettere.”
“E’ così! E’ giusto che ti spaventi e, credimi, spaventa molto anche me – continuò lui – perché sentiamo, onestamente sentiamo, che sarà un impegno gravoso, importante, da non fallire. Ti spaventa perché sei una ragazza pulita e razionale… sei tanto pulita quanto bella – azzardò – lasciatelo dire: con una come te in squadra vinceremo sicuramente le elezioni.”
Anna sentì, distintamente, in quel preciso istante, che forse avrebbe dovuto prendere le distanze, che forse il ragionier Flavio Marchi aveva ecceduto nei complimenti. Compì un gesto impercettibile, elegante che le consentì di liberare il braccio dalla mano di lui e questo la fece sentire meglio, ma non riuscì ad irrigidirsi come, razionalmente, avrebbe voluto: si sentì, anzi, lusingata, coinvolta, rapita dall’idea di una così strana ed inattesa prospettiva ed apprezzò gli occhi lucenti di quell’uomo che era ancora capace di entusiasmarsi come un ragazzino:
“A sentire te sembra tutto così facile, – si difese – ma ora non so proprio cosa dirti. Ci penserò bene, ne parlerò con Sandro e poi vedremo…”
“Sandro è un bravo giovane, un ragazzo mite, capirà certamente che ha la fortuna di aver sposato una donna che può fare tanta strada e che può fare tanto bene per la sua città e i suoi concittadini, vedrai…”
“Vedremo – lo interruppe Anna – Buonanotte.”
“Aspetta, dove vai da sola. E’ tardi, ti accompagno fin sotto casa.”
Si avviarono.
Fine Capitolo XII – continua