III
Anna entrò in casa che mancava un quarto alle due, tirò un rapido sguardo alla tavola apparecchiata e cercò il marito, in cucina.
Sandro l’aveva sentita arrivare e stava buttando la pasta nell’acqua bollente.
La guardò, per un attimo, poi le andò incontro e l’abbracciò teneramente.
Si baciarono sfiorandosi appena le labbra:
“Finalmente sei tornata, avevo bisogno di te, della tua forza… stamattina ho assistito ad una disgrazia… una cosa terribile.”
“Quell’uomo caduto? C’eri anche tu? Ho saputo quello che è successo.
Mi sono fermata a comprare della biancheria, giù in paese, e mi hanno raccontato tutto: per questo ho fatto tardi.”
“Io l’ho visto cadere – raccontò Sandro, mentre scolava la pasta – ero nel parco e l’ho visto andare giù, come un fantoccio, davanti ai miei occhi. E’ stato terribile.”
“Povero caro, ti sei spaventato?”
“No, non spaventato. Sono sconvolto, atterrito, addolorato…
molto…
è… è incredibile, scioccante.
E’ così delicata, la vita…
…così importante.
E vedertela sparire, davanti agli occhi. Vedere un essere umano che un attimo prima pensava, aveva sentimenti… – prese Anna per le mani – ho avuto tanta voglia di tenerti tra le braccia.
C’è sempre così poco tempo a disposizione per le cose belle…
… e quando c’è, magari, non ce ne accorgiamo.”
Anna si tolse la giacca:
“E’ vero, è così.”
Entrò in bagno e si lavò le mani.
Sandro la seguiva passo a passo.
“Dovrei far pipì.” disse lei.
“Ti aspetto a tavola.”
Mangiarono controvoglia, scambiandosi poche parole.
Di solito a tavola si raccontavano, nei dettagli, tutta la giornata tanto che Sandro conosceva benissimo tutti gli alunni di Anna e lei era informata su tutti i tic e le manie e le stranezze dei clienti della libreria, ma quel giorno nessuno aveva voglia di parlare.
“Non ha neanche gridato – disse improvvisamente Sandro – è venuto giù come fosse un sacco pieno: senza un lamento o un urlo di terrore. Come se fosse già svenuto, o morto… o… o ammutolito dal terrore… oppure deciso a cadere.
E’ incredibile: sono stati tre secondi di assoluto silenzio e, poi, ho sentito, benissimo, il tonfo sordo del corpo che batteva sull’asfalto. – le palme delle mani aperte sulla tavola e la schiena appoggiata alla sedia, Sandro, stava rivivendo i terribili attimi della caduta – No, non ha gridato né chiesto aiuto: è piombato giù come se la cosa non lo riguardasse.
Assurdo.”
Anna era preoccupata per Sandro, cercò di cambiare discorso, vide Bull addormentato ai piedi della poltrona:
“Perché non hai messo il cane in cortile?” chiese.
“Lo sai che quando siamo in casa lui vuol stare con noi.”
“E’ lui che ha deciso di stare in casa?”
“Insomma! Lui, io… io non avevo voglia di stare solo e Bull mi ha tenuto compagnia.”
“Avete parlato?”
“Certo, abbiamo parlato…io ho parlato, lui… lui mi ha guardato, mi ha ascoltato…”
“Bene, bene, – sorrise Anna – ma è meglio che non lo raccontiamo a nessuno. Comunque, lo sai, ormai è troppo grande per stare in casa.”
“Sarebbe meglio dire che è troppo piccola la casa.”
Bull si era svegliato e guardava i due umani muovendo la testa da uno all’altro come se stesse seguendo una partita di tennis.
Alla fine si alzò e si diresse verso la porta.
“Vedi? Vuole uscire.” Trionfò Anna.
“Allora accompagnalo in cortile.”
La ragazza uscì con il cane.
Rientrando, dopo pochi minuti, Anna trovò Sandro con lo sguardo fisso contro la parete:
“Mi piacerebbe sapere perché è successo…” disse lui senza togliere gli occhi dal muro.
“Dai, non ci pensare più – si arrabbiò Anna – si vede che doveva andare così, purtroppo. Può darsi che si sia sentito male e abbia perduto l’equilibrio, chi lo può sapere. Certo è che ha fatto una brutta fine e che i soldi, quando sei di fronte al tuo destino, non ti possono aiutare.”
“Sei cinica.”
“No, non sono cinica, sono soltanto concreta: non c’è più niente da fare ormai.
Quanto a te, hai certo passato una orrenda esperienza, ma devi superarla, fartene una ragione…”
“Non è questo il punto, è che vorrei capire se, mentre cadeva, quell’uomo ha potuto pensare alla sua vita.
Ti sei mai chiesta se, in punto di morte, si ha il tempo e la lucidità di fare il bilancio? Di dire, della propria vita si, in fondo, ne è valsa la pena.
Chissà, poi, come si deve vivere, che vita si deve fare per potersi dire, alla fine, si, ne è valsa la pena.”
Anna, per una volta, si arrese e decise di non replicare:
“Va bene, signor filosofo, arrovellati con i tuoi pensieri fatui. Io, intanto, sparecchio e mi ascolto un po’ di musica. Ma il caffè lo prepari te, tanto puoi cogitare lo stesso.”
“Sei cinica e insensibile – ripeté Sandro – cinica, materialista e insensibile.”
Ma le sorrise e cominciò a preparare il caffè.
Fine Capitolo III – continua