Nel mondo occidentale i pochissimi uomini che detengono la massima parte delle risorse economiche mondiali riescono ad eludere il fisco per centinaia di miliardi all’anno grazie ad un duplice complemntare meccanismo creato dall’abile gestione delle norme tributarie e dalle potentissime coperture mediatiche riservate dai mezzi di comunicazione alle loro immagini.
In effetti che le grandi aziende sovranazionali riscano a pagare poche tasse è cosa nota a tutti, ma questa certezza non genera nell’opinione pubblica lo scandalo e il disdegno generale che ci si potrebbero aspettare.
L’evasione fiscale è universalmente riconosciuta come un’azione assolutamente immorale, ma le tattiche utilizzate dai plurimiliardari per eludere il fisco riescono a declinare il loro modo di operare sotto l’apparenza della legalità.
In pochi sembrano porsi il problema che gran parte di ciò che è legale, scappatoie fiscali, detrazioni e altri schemi oscuri, sono comunque un problema enorme e scandaloso per tutto il resto degli abitanti del pianeta.
Certo, i miliardari hanno eserciti di avvocati e commercialisti per ideare schemi di elusione fiscale che aderiscono alla lettera (anche se non allo spirito) della legge: questi sistemi permetteno loro di pagare una miseria di tasse rispetto a quanto sarebbe equo e nessun sistema fiscale nazionale ha finora avuto la forza o la volontà di attaccare, contrastare, fermare queste pratiche.
Le forme della comunicazione inducono i cittadini a credere che ciò che fanno i tycoon, i magnati, i titolari delle più vaste ricchezze del mondo sia assolutamente legale e che essi agiscano in completo rispetto delle norme.
I miliardari, ovviamente, finanziano le grandi campagne elettorali e propagandano le loro milionarie azioni filantropiche per accrescere la propria popolarità e al tempo stesso pubblicizzare le loro imprese.
Le grandi società dei miliardari, quando non sono localizzate in paradisi fiscali, pagano aliquote fiscali inferiori rispetto a tutti gli altri: nessuno capisce perché, nessuno si pone il problema se tutto ciò sia giusto.
In sostanza ai miliardari non sono riservati i controlli a cui sono sottomesse le persone e le aziende normali: non lo fanno gli Stati e non lo fanno i mezzi di comunicazione.
Nessuno spinge perché vengano avviate indagini governative sui paradisi fiscali e sulle tattiche di elusione.
Recenti studi fatti negli USA sembrano aver dimostrato che pochissime famiglie miliardarie, ogni anno, trovano il modo di sottrarre all’erario pubblico e un quarto di trilione di dollari di tasse dovute ma non pagate.
Ciò che viene diffuso nell’immaginario collettivo è che il crimine è qualcosa che fanno solo i poveri. In questo modo si induce a credere che i furti all’erario messi in atto dai miliardari siano solo una corretta, per quanto astuta, gestione delle loro contabilità e non un reato fiscale.
I mezzi di comunicazione, d’altra parte, fanno parte di uno specifico sistema politico e mediatico e sono proprio i miliardari che posseggono i canali televisivi e i giornali e che agiscono come benefattori dei think tank e delle università da cui escono gli esperti.
Sono i miliardari che finanziano i politici e che organizzano i grandi eventi con i leader politici e i candidati.
Per questo le notizie più “clamorose” diffuse dai notiziari riguardano sempre più spesso fatti di cronaca nera “popolare” e quasi mai vanno a scavare dove ci sono poteri troppo forti.
Sono, in definitiva, i super ricchi, i grandi personaggi della jet-society: musicisti, personalità del cinema, della moda, della grande impresa e della finanza, che alimentano, sostengono e dirigono la classe politica e mediatica. Per questo a costoro sono riservati quasi esclusivamente articoli di colore nelle sezioni dedicati alla moda e profili sulle riviste patinate: il tutto a compimento di una vera e propria manipolazione ideologica.
In buona sostanza melliflue operazioni mediatiche impastano vita privata, eventi mondani, festival e pruriginose avventure amorose con processi di arricchimento vertiginosi, di accumulo di impressionanti ricchezze facendo sparire agli occhi del popolo la sottrazione di clamorose risorse fiscali che gli Stati avrebbero potuto e dovuto utilizzare per alleviare la sofferenza, per realizzare politiche di equità, per la sanità i servizi sociali e la scuola pubblica, per risanare e rendere umanamente abitabili aree, quartieri, partidi città terribilmente degradate.
Secondo una classifica stilata da Forbes circa trenta dinastie di miliardari hanno visto crescere i loro patrimoni di oltre il 1.000% negli ultimi trentasette anni (da 80,2 miliardi a 903,2 miliardi di dollari, al netto dell’inflazione).
Per questo alcuni analisti e studiosi parlano di un nuovo feudalesimo ereditario favorito dalla politica fiscale che negli ultimi decenni si è fatta sempre più permissiva nei confronti degli ultraricchi: le aliquote del reddito, delle proprietà e delle imposte sulle plusvalenze e sulle tasse di successione sono state tutte costantemente ridotte a danno delle grandi masse popolari che a miliardi abitano il nostro pianeta e che vengono sempre più sfruttate e sottomesse.
Le dinastie dei ricchi e degli arricchiti si muovono anche grazie al solco ideologico tracciato da spregiudicati uomini politici come Donald Trump che affermare senza alcuna remora che «Solo gli idioti pagano la tassa di successione».
Come detto, sono stati proprio le dinastie dei miliardari ad aver indirizzato opinioni politiche e opinione pubblica verso scelte normative che hanno consentito i loro esponenziali arricchimenti. Il cavallo di Troia che ha consentito a queste poche e potentissime famiglie di divenire decisive nelle stanze dei bottoni sono state le enormi risorse economiche da loro versate alle attività di lobby, alle campagne politiche, alle imprese filantropiche e di conseguenza ai potenti gruppi di opinione asserviti.
Ricchezza e potere vanno a braccetto, da sempre, e insieme determinano le spaventose diseguaglianze sociali che rendono iniqui sia i rapporti all’interno delle società capitalistiche, sia i rapporti tra gli stati capitalistici e il resto del mondo.
In un contesto così drammatico e ingiusto nessuno osa più parlare di “lotta di classe”, eppure la lotta di classe è in atto e da trent’anni viene combattuta in modo feroce, cinico spietato e mortale.
I proletari muoiono a milioni in tutto il mondo per sete, per fame, per mancanza di sicurezza, per abbandono, perché costretti a vivere in situazioni e luoghi di degrado.
I proletari muoiono senza combattere, a milioni esercitano l’unica resistenza rappresentata dalla fuga dalle loro terre di origine.
Fuggono verso Paesi che fingono di non volerli e che, spesso, quando li accolgono lo fanno di nascosto e li lasciano schiavizzare da mafie locali, da sfruttatori locali.
I proletari in Italia muoiono di stenti nei campi di pomodori.
La lotta di classe c’è, ma la combattono solo i ricchi, con armi terribili e spietate contro i miliardi di esseri umani inermi.
Ettore Neri
Seravezza, 1 luglio 2021