Ogni pandemia porta con se, oltre alle tragedie umane, familiari e sanitarie tutta una serie di effetti collaterali altrettanto drammatici della malattia vera e propria e forse con risvolti sociali e morali ancora più gravi.
Ogni pandemia scatena conflitti tra le persone, sospetti, diffidenze e alimenta la paura e l’odio nei confronti di possibili, ipotetici diffusori del male: dagli all’untore!
La storia della letteratura e della cultura italiana è stata segnata, anche sotto questo aspetto, dalle opere uscite dalla penna maestosa di Alessandro Manzoni.
Ogni studentessa ed ogni studente italiano esce dai banchi delle scuole dell’obbligo e delle superiori avendo ben presente che nel XVII secolo nel periodo tra il 1629 e il 1633 l’Italia del centro nord e principalmente il Ducato di Milano (ancora lì: tremenda ironia della sorte), il Granducato di Toscana, il Ducato di Lucca e anche la Svizzera vennero investiti da una terribile epidemia di peste bubbonica.
La massima diffusione si ebbe nel 1630 e si stima che tra il 1630 e il 1631 nell’Italia Settentrionale moririono per la peste circa 1.100.000 persone su un totale di popolazione di circa 4 milioni.
Questa epidemia viene ricordata all’estero come “La peste italiana” o “La gran peste de Milán”
Manzoni racconta della peste di Milano sia, ovviamente, ne I Promessi Sposi, sia, e con taglio da saggio storico, ne La Storia della Colonna Infame (1840) traendo gran parte delle notizie dal De peste Mediolani quae fuit anno 1630 di Giuseppe Ripamonti, che descrive anche la vicenda della colonna infame.
Questo stesso scritto aveva già ispirato in precedenza le Osservazioni sulla tortura di Pietro Verri.
Con questa opera Manzoni rievoca il processo celebrato nel 1630 a Milano, in seguito ad un’accusa solo successivamente risultata infondata, contro due presunti untori ritenuti responsabili del contagio pestilenziale tramite misteriose sostanze.
Il processo si chiuse con la condanna a morte di due innocenti, Guglielmo Piazza (commissario di sanità) e Gian Giacomo Mora (barbiere) che vennero giustiziati con il supplizio della ruota. Successivamente la casa-bottega di Morra venne distrutta e al suo posto, come monito, venne eretta la “colonna infame”.
Manzoni descriva così una vicenda dai torbidi contorni nella quale le credenze, le mistificazioni, le calunnie prevalgono rispetto alla verità dei fatti fino a causare l’orrendo errore dei giudici e il loro abuso di potere: il tutto a discapito di ogni prova concreta.
Tali e tante aberrazioni posso causare il fanatismo e l’odio, soprattutto se esasperati da un clima di insicurezza e sospetto.
Qualcosa di simile si è visto e si sta vedendo anche in questi mesi scossi dal Covid-19: dalla caccia ai cinesi e agli stranieri in genere (meglio se arrivati con i barconi), agli inseguimenti e pestaggi nei confronti dei corridori e passeggiatori trasgressori nel periodo del lock down, fino ai contagiati del Billionaire Sardegna o della festa di Cortina, alla feste più o meno vip e più o meno private che si moltiplicano nelle località turistiche e a tutti quei casi grandi e piccoli di assembramenti irresponsabili e senza senso che avvengono davanti ai nostri occhi e dei quali abbiamo spesso notizia anche grazie ai selfie e ai video che questi svitati si fanno da soli e che pure rendono pubblici.
In tutti questi casi, nessuno escluso, la Storia della Colonna Infame dovrebbe continuare a farci da guida e segnale di allarme: nessuno deve essere messo alla ruota, nessuno va giustiziato e a tutti andrebbe chiesto maggiore buon senso, rispetto delle regole (anche a scapito della legittima necessità di guadagnare), rispetto della salute degli altri e della salute generale del Paese.
Usare la mascherina, mantenere il distanziamento, lavarsi e igienizzarsi le mani spesso sono accorgimenti semplici, opportuni, poco faticosi e denotano razionalità e buon uso del cervello.
I comportamenti opposti, soprattutto se tenuti da persone note, esposte, in qualche modo autorevoli e rappresentative, in qualche modo influencer, come si dice in questi tempi, non indicano la presenza di untori da condannare e giustiziare, ma denotano la presenza di persone incivili, incapaci di pensare al bene collettivo, egoiste, ignoranti e comunque dannose: gente priva di valore e di valori, insomma, che ogni persona ragionevole dovrebbe smettere di prendere in considerazione.
Ettore Neri
Seravezza, 29 agosto 2020