VI
Il caffè stava passando e Sandro sembrava aver ritrovato il buonumore: la musica lo aveva riappacificato con la vita e la luce primaverile che illuminava le finestre aveva risvegliato in lui l’ottimismo.
Avevano rimesso a posto la cucina, poi Anna aveva preso a seguire la musica quasi danzando, e lui si era rilassato guardandola:
“Andiamo a fare un giro in bici, oggi?” Chiese Sandro versando il caffè.
“Non posso, ho dei compiti da correggere e, dalle quattro, due ragazzi a lezione. E, poi, tu non devi andare in negozio a preparare l’elenco degli acquisti?”
“Oggi è giorno di chiusura, posso farlo domattina. Non è necessario che lavori sempre, anche quando ho il giorno libero. E tu, non è che puoi rimandare le ripetizioni? Basta una telefonata.”
“No, non è possibile. Non sarebbe serio: quei ragazzi domani hanno il compito in classe. Non posso certo abbandonarli a se stessi. Abbi pazienza – si scusò, accarezzando il marito nei capelli – anche a me dispiace molto di non poter stare con te.”
“Sei sempre tutta di un pezzo – brontolò il marito – ogni tanto potresti anche mollare, commettere uno sbaglio, una leggerezza… non dico una trasgressione, ma una leggerezza!”
“Nella vita bisogna essere sempre seri e responsabili – reagì Anna – se si prendono degli impegni vanno rispettati, altrimenti si danneggiano gli altri. Questo a me non piace: lo sai bene come la penso.”
“Sembri una bambina che ha imparato la lezione e la recita a memoria…”
“Ancora questa storia! Guarda falla finita…”
“Va bene, va bene – si arrese Sandro – per l’amor di dio. Ti chiedo scusa non vorrei passare di nuovo tre giorni fuori di casa come l’anno scorso ed essere riammesso solo dopo il corso di rieducazione e l’autocritica.”
“Hai poco da scherzare: se ti ricordi bene anche tu hai ammesso di aver avuto torto quella volta!”
“D’accordo: dieci minuti e vado al lavoro. Siamo d’accordo?”
Sandro cambiò la cassetta nello stereo: l’armonica a bocca di un cantante americano, terribilmente bella, cominciò a straziare l’aria e indebolire l’anima.
Lui si era seduto in poltrona: le gambe larghe, le braccia abbandonate sui braccioli, la testa reclinata all’indietro, gli occhi chiusi.
Respirava lentamente, assaporando la musica.
Lei si inginocchiò davanti a lui, gli si sdraiò sopra e appoggiò la testa sul suo petto.
“Ti voglio bene.” Disse lei.
“Anch’io.”
“Abbiamo tanto tempo davanti a noi. Abbiamo tanta forza e potremo stare insieme moltissimo. Siamo fortunati, non ti devi rattristare per dei dettagli.”
Sandro aveva stretto le braccia sopra di lei e l’accarezzava sulla schiena e sulla nuca, la baciò nei capelli:
“Oggi siamo fortunati – le disse – e dovremmo essere così furbi da approfittarne per essere felici, per fare quello che ci piace. Perché, domani, potremmo non averne più la possibilità…”
“L’avremo, l’avremo.” Sussurrò lei con sicurezza e lui si sentì più tranquillo.
Il tono deciso di lei gli dava sempre conforto e lo convinceva che Anna sapesse, veramente, come dovevano andare le cose.
C’erano momenti nei quali Sandro si sentiva come immerso nella nebbia, sperduto, spaurito dall’incognita del futuro e gli sembrava che Anna, invece, potesse librarsi molto più in alto, nell’aria limpida e tersa e che, così, potesse indicargli con sicurezza la direzione e potesse guidarlo stringendogli la mano e infondendogli coraggio.
Ora si sentiva meglio, abbracciò la giovane moglie con più forza e la baciò, più volte, in fronte e sul viso, con grande amore.
Lei sentì, con l’addome, il sesso di lui che si ingrossava.
Sorrise e guardò Sandro negli occhi, con ironia.
La canzone era finita.
Lui la guardò, come un bambino che domanda il gelato.
Lei sorrise, di nuovo, guardò l’orologio:
“Le tre e un quarto.” Disse
“Dobbiamo lavorare?”
Lei si alzò, lo baciò in bocca:
“Si, dobbiamo lavorare, purtroppo. – rispose – Ci vediamo stasera.”
Anche Sandro si alzò dalla poltrona, in silenzio, con calma.
Andò in bagno, si lavò i denti, il viso, si pettinò, non riuscì a pisciare (per motivi fisici), tornò indietro, s’infilò scarpe e giaccone, aprì il portoncino d’ingresso, si rigirò:
“Questa me la paghi. Me la paghi cara.” Disse e tirò un bacio nell’aria.
Uscì.
Era in strada, Anna si affacciò alla finestra:
“Ti amo.” Gli gridò.
“Anch’io.” Rispose lui, felice.
“Bravi ragazzi!” esclamò una signora che passava da lì.
Fine Capitolo VI – continua