Passarono fuori, a tutta velocità, due autoambulanze.
L’urlo delle sirene strappò, per qualche secondo, il rumore del vento e copri la pioggia.
Poi ancora lampi e tuoni e, di nuovo, pioggia e vento.
“Mamma mia, che disastro!” piagnucolò il giovanottone con i baffi piegandosi in avanti, verso il tavolo, per riempirsi un secondo bicchiere di grappa.
“Le piace, eh?”
Esclamò soddisfatto Mario.
“Va giù bene”
Mugugnò l’altro.
“Non è di molte parole, lei giovanotto”
Insistette il grassone.
“No, non mi piace molto parlare. Sa, io non ho studiato molto, ho sempre lavorato. Sono un operaio, io parlo con le mani. Giro l’Italia e qualche volta vado anche all’estero a installare pavimenti e rivestimenti di pietre, marmi e graniti vari. È un lavoro molto delicato e difficile, sapete?”
Disse infine con un lampo d’orgoglio.
“Me lo immagino, complimenti – disse Alvaro – mi ricordo, infatti, che quando, da noi, ristrutturarono il palazzo del municipio e vollero fare i pavimenti di marmo venne fuori una mezza confusione perché il materiale non era stato messo in opera correttamente. Me lo ricordo bene, perché io sono impiegato all’ufficio di ragioneria del Comune. Insomma, quella volta secondo me ci fu qualcuno che per mettersi dei soldi in tasca aveva risparmiato sul materiale…”
“Come sempre – ghgnò Mario – e io pago!”.
“Alvaro, non dire sempre malignità!”
Lo rimproverò la moglie.
“Son tutti ladri!”
Insistette l’enologo.
“No, non è vero – replicò Alma – ci sono anche molte persone per bene”.
“Le sembra, cara signora. Lei è gentile, onesta, un po’ ingenua, magari, ma non pensi che tutti siano come lei. Il mondo vero, là fuori, è brutto. E quelli che possono, quelli che hanno il posto giusto sono tutti ladri. Dia retta a me, che ne ho conosciuti tanti!”
“Io lavoro molto raramente con gli enti pubblici – intervenne con aria professionale l’ingegnere – e spesso ho trovato anche lì persone serie e qualificate. È come per il vino, signor Mario, c’è quello buono e quello cattivo: bisogna solo saperlo riconoscere e scegliere.”
“Chissà poi perché, In Italia, quando si va a votare si sceglie sempre il vino cattivo.”
Sentenziò Susanna, con tono polemico e definitivo, mentre si accendeva una nuova sigaretta.
“Lei è giovane, è solo una bella studentessa – le rispose Sergio guardandola con aria comprensiva – e crede ancora che tutto il bene e tutto il male dipendano dalla scelta di questo o quel partito. Bene, la informo che non è cosi. Quando sarà più grande capirà che dipende solo dagli uomini, dai singoli individui e non dal simbolo per il quale corrono.”
La ragazza reagì decisa:
“Quello che so è che nel nostro Paese chi voleva intascare soldi o arraffare potere ha sempre saputo con chi mettersi e in quali partiti fare carriera. Io, ad esempio, ho imparato a conoscere bene la realtà del Sud, da dove viene il mio ragazzo, e che triste realtà! Lì si capisce al primo colpo dove stanno quelli con le mani sporche di sangue e dove stanno i diseredati e i martiri.”
“Stanno da tutte le parti – disse Mario, intrecciando le dita delle mani sulla sua grossa pancia – sia gli uni che gli altri. In ogni partito, in ogni associazione c’è sempre qualcuno che ci sta per il proprio tornaconto. Ne stia certa.”
“Non in certi contesti del sud, che come le ho detto io conosco assai bene: in quei luoghi la scelta è netta, non c’è la possibilità di essere neutrali o mascherati: da una parte ci sono i notabili, gli arrivati, i camorristi e dall’altra ci sono i giovani, gli idealisti, i preti emarginati, le organizzazioni di base del proletariato che affrontano la violenza e la criminalità a mani nude, con la forza delle idee, con la sola voglia di cambiare quella triste realtà.”
“Son tutte balle – si irritò l’ingegnere – favole per bambini: non saranno certo due preti straccioni o tre attivisti del partito comunista a cambiare le cose laggiù. Siamo stati tutti, prima di lei signorina, universitari, idealisti, rivoluzionari, in tempi in cui, tra l’altro, queste parole suonavano un po’ più attuali di oggi; ma poi abbiamo capito, quasi tutti, che era solo un bel gioco e che, crescendo, avremmo dovuto presto smettere di giocare, se volevamo mangiare.”
“E perché mai”
Chiese lei.
“Perché viene il giorno in cui ti trovi di fronte a un bivio, in cui devi scegliere fra te e il resto del mondo: è il giorno in cui capisci che devi pensare a salvare te stesso. Capita quando devi pensare a portare il pane a casa, quando devi costruire il tuo futuro, giorno per giorno, il tuo futuro e quello dei tuoi cari, dei tuoi figli. Io, nel mio piccolo, ho trascorso alcuni anni da giovane ingegnere con poco lavoro, senza soldi, perché volevo realizzare solo progetti socialmente utili, di rilievo … Fesserie, mi creda, erano tutte fesserie; ma non si preoccupi, il tempo aiuta a capire!”
“E lei crede che pensare ai figli, al loro futuro, voglia dire accumulare più soldi possibile e infischiarsi dello schifo che ci circonda? Lei è miope”.
“No, sono solo concreto e realista. Lei, invece, fa tanta scena e, poi, magari, vive nella bambagia”.
“Io, veramente, per quello che posso, sto facendo del mio meglio per modificare la realtà e costruire un mondo migliore.”
“Ma pensi piuttosto a divertirsi – rise Mario – altrimenti una bella mattina si sveglierà e sarà una vecchietta rabbiosa e si renderà conto di non avere ancora cominciato a vivere”.
“Se fosse necessario per creare qualcosa di migliore potremmo anche sacrificare una generazione…”
“Sacrificare una generazione? Ma lei è pazza – si arrabbiò Sergio – non si rende conto che la vita è una lotta quotidiana, dove ognuno, se può, mangia l’altro per sopravvivere? Ma di quali sacrifici parla? Si legga Thomas Hobbes, se non l’ha mai fatto. Se lo legga e lo impari a memoria! L’uomo è come un lupo per gli altri uomini: la vita è una guerra per la supremazia e la sopravvivenza. Solo i preti e i comunisti hanno inventato altre balle per rincoglionire la gente. Le ripeto: legga Hobbes; l’aiuterà a capire meglio la vita e a crescere.”
“Conosco il pensiero di Hobbes, ma se permette preferisco leggermi Leopardi e credere nell’umana catena che si trasmette di generazione in generazione e instaura valori nuovi e positivi.”
“I suoi sono sogni, si svegli! Il mondo è molto diverso da quello che le hanno raccontato e il male e la malvagità ci sono e nessuno potrà mai liberarci da loro. – proseguì con aria cattedratica il commerciante di vini – Il nostro compito è solo quello di schivarli, magari mandandoli addosso a qualcun altro, di galleggiare il più a lungo possibile. Il resto sono solo favole, favole per bambini come lei!”
“Se mi dice ancora che sono una bambina le tiro una scarpa”.
L’ingegnere si era accesa anche lui un’altra sigaretta e sorrideva con aria sorniona. Otello lo guardava, ne osservava le mosse, gli atteggiamenti, le pose più o meno studiate, e aveva l’impressione che l’uomo cercasse di darsi arie da vissuto solo per fare colpo sulla ragazza.
In effetti era proprio un bell’uomo, ancora atletico, con un bel portamento, elegante, ma Otello sospettava che sotto la facciata ci fosse ben poca sostanza; sì, certo! Tante chiacchiere e un bel po’ di soldi in tasta, questo sicuro, ma poi a ben guardare poca sostanza.
Sergio, intanto, si era data un’aggiustata alla camicia e continuava a fissare con aria da felino Susanna.
“In effetti lei non è più una bambina. – ammise – Alla sua età molte donne già lavorano: tante faticano realmente, fisicamente, intendo dire, altre hanno già famiglia e sono madri, altre hanno responsabilità imprenditoriali enormi. Ma lei, in fondo, che responsabilità ha? Gli esami? L’università? Quelli non sono problemi, non sono cose che fanno diventare grandi se non si ha la mentalità giusta…”
“Che vuol dire?”
Chiese Susanna.
“Vuol dire che probabilmente lei non ha ancora dovuto fare i conti con le vere difficoltà della vita, con la sua brutalità, e quindi, per sua fortuna, vive ancora in un mondo che non è esattamente quello reale. Il suo mondo è ancora troppo condizionato dalle speranze, dalle aspettative, dai sentimenti.”
“E le sembra poco?”
“No, non mi sembra poco. Lei è fortunata a essere ancora così pura ed ingenua. Io le sto solo dicendo che non è ancora in grado di esprimere giudizi sul mondo reale e non può permettersi di criticare chi è più grande di lei, chi ha vissutó di più. Sia un po’ più umile, si lasci guidare da chi ne ha viste più di lei.”
Il tono dell’ingegnere era diventato duro, sprezzante, quasi cattivo.
La ragazza era indignata e offesa.
Otello stava per dire qualcosa, poi si rese conto che non era il caso di infiammare ancora di più quella inutile discussione; prese il bicchiere della grappa, lo guardò e la buttò in gola d’un fiato.
“No, giovanotto, no! Non cosi – si lamentò Mario -, non si beve cosi la grappa. Questo è un nettare che va odorato, assaporato, gustato nel palato e nella gola; cosi senti solo bruciare lo stomaco”:
“È vero – confermò il giovane riempiendosi di nuovo il bicchiere – così brucia e basta” e buttò in gola, allo stesso modo, il secondo grappino.
“Benedetti giovani – sospirò Alma – quanto siete testardi. Anche il mio figliolo fa sempre così, ma, una volta o l’altra, vi rompirete la testa.”
“Cara signora – riprese dal suo pulpito l’ingegnere – è inutile cercare di convincerli a ragionare: i giovani d’oggi sono troppo viziati. Si dice delle stagioni che non ci sono più quelle intermedie e cosi è diventato anche per la vita degli uomini: non ci sono più le fasi intermedie della maturazione. Oggi si diventa improvvisamente grandi dopo i trent’anni perché fino ad allora si è rimasti bizzosi, incoscienti e irrazionali come bambini. Vero Susanna?”
“Le ho già detto di non darmi più della bambina!”
Strillò Susanna.
“Su, non si arrabbi – intervenne Alvaro per calmare le acque – dirle bambina è un complimento.”
“Va bene – disse esasperata Susanna – Carosello è finito e i bambini vanno a letto. Buonanotte a tutti.”
Prese le sigarette, le infilò nella borsetta e usci dalla stanza, avvolta in un tenue profumo.
“Che bel culo! – Pensò Otello seguendola con lo sguardo – è proprio carina anche se ha un carattere che…”
Quando Susanna fu uscita dalla stanza Alma redarguì il marito:
“Non riesci mai a stare zitto. Quella è stanca: un esame all’università non è cosa di tutti i giorni. Ma voi uomini non avete alcuna sensibilità”.
“È solo una sciocca viziata”
Ghignò l’ingegnere.
Fine parte terza – continua –