Ritengo opportuno, pur nel pieno della tragedia che ci sta martoriando, che si cominci a mettere testa per prepararci al dopo e magari a mettere in fila analisi e riflessioni che, probabilmente, avremmo già dovuto fare e applicare in precedenza, ma che non abbiamo fatto perché tanto “la barca andava” e anche perché, evidentemente, non era bastato ad incrinare la fiducia di noi italiani nella “nostra buona stella” il ciclone più che decennale della crisi economica, finanziaria e commerciale che aveva colpito tutto il mondo occidentale e capitalista a partire del 2008 e per oltre dieci anni.
Con questa premessa, cominciare a riflettere, in Versilia, sul tema: il futuro della produzione e promozione della cultura da parte dei Comuni può risultare un’azione paradigmatica anche per altri settori dell’attività umana e del benessere collettivo.
Lo spunto nasce dal dibattito di questi giorni, vista la situazione drammatica e i bisogni che innesca la pandemia prodotta dal Covid-19, “Fermare tutte le manifestazioni culturali per un anno”.
Detto che a Pietrasanta, secondo me, di manifestazioni pseudo-culturali ce ne sono diverse che andavano già chiuse in precedenza, a prescindere dalla diffusione del virus, perché squalificanti e perché esageratamente costose: dico DAP, solo per fare un esempio e ribadito che le stagioni della Versiliana degli ultimi anni hanno dato il chiaro segno di un progetto che è giunto inesorabilmente al capolinea e che va ripensato da zero, voglio però puntualizzare che l’appello a “fermare tutte le manifestazioni culturali per un anno” è un appello sbagliato e orienta le azioni necessarie alla ripresa nella direzione errata.
Questo sostanzialmente per i seguenti motivi:
Se si vogliono risparmiare soldi da spese comprimibili del bilancio comunale ci sarebbero altri settori da prosciugare per il 2020 prima o insieme alla cultura: missioni all’estero e gemellaggi (anche per evidenti motivi sanitari); sfalci e taglio verde; disinfezione strade (inutile dal punto di vista sanitario); gettoni di presenza ai consiglieri comunali nelle commissioni e nel consiglio; ci saranno risparmi automatici sulle utenze vista la chiusura di tutte le scuole e degli impianti sportivi.
Si potrebbero inoltre utilizzare in via straordinari i proventi dalle multe e dagli autovelox per costruire in tempi rapidi una misura di sostegno alle imprese e in generale al mondo del lavoro.
Insomma il segnale che l’Amministrazione deve dare è a mio giudizio non quello di un unico settore, la cultura, di cui si può fare a meno, ma di una vera manovra pensata in profondità e capace di selezionare e scremare in modo certosino nei meandri del bilancio pubblico.
Le attività culturali, al contrario, se ben pensate e ben realizzate dovranno diventare uno dei motori fondamentali del rilancio, non appena la morsa della pandemia si allenterà.
Ecco che allora il tema da porre non è azzerare, ma ripensare un intero settore dell’attività dei Comuni italiani.
Gli investimenti in cultura dei Comuni, non parlo solo di Pietrasanta, vanno rivisti nella loro filosofia costitutiva.
Pensiamoci bene, in definitiva la produzione e promozione della cultura (spettacolo, arte, letteratura, teatro, cinema, ecc.) si è adagiata di fatto sul modello splendido dell’invenzione delle notti romane da parte dell’allora Assessore alla cultura Capitolini Renato Nicolini e dei tre meravigliosi Sindaci con i quali ha guidato questo percorso tra il 1976 e il 1985: Giulio Carlo Argan, Luigi Petroselli ed Ugo Vetere.
In quegli anni, in pieno terrorismo e nel bel mezzo dei più violenti scontri politici e sociali della nostra storia repubblicana, l’obiettivo che la Giunta di Roma si pose fu quello di rendere ai cittadini la voglia e il coraggio di popolare le sere estive romane e di riprendersi pacificamente e democraticamente la loro Città.
E per la prima volta in Italia un comune italiano investì ingenti risorse economiche nella distribuzione di offerte culturale alla cittadinanza.
Fu un miracolo che contagiò, questa volta positivamente, l’Italia.
In quei tempi, riflettiamoci, a Pietrasanta la coppia Rolando Cecchi Pandolfini e Manrico Niccolai compiva lo stesso miracolo e poneva le basi, le mura e pure il tetto della Pietrasanta della cultura e dell’arte conosciuta e amata nel mondo.
Liberiamoci, una volte per tutte, della fandonie propagandistiche che sono state sbandierate negli anni più recenti e diamo ai protagonisti la statura che meritano!
Tutto questo, 40 e più anni dopo, non funziona più, non può più funzionare, è normale che sia così, ma non è normale che non ci se ne sia accorti per tempo: le esigenze, gli stili di vita, i bisogni, i modi di pensare, la struttura sociale, la composizione delle famiglie, il modo di gestire il proprio tempo e il tempo libero, il modo di spendere, tutto, tutto è cambiato da allora.
Sono cambiate le forme e i contenuti della cultura e dell’arte.
Particolarmente rapido il cambiamento è avvenuto negli ultimi quindici anni e noi, probabilmente, ce ne siamo accorti tardi. Lo dico anche sulla base di un’autocritica personale, della mia esperienza di amministratore e di Sindaco. Dal 2006 al 2016 è cambiato il mondo e adesso anche di più.
Non è più il momento delle competizioni tra comuni limitrofi a chi organizza l’evento mediaticamente più efficace. Anche perché soldi da spendere allegramente non ce ne sono più e anche le banche e le Fondazioni bancarie hanno stretto i cordoni delle loro borse.
La stagione della Versiliana, lo sappiamo, non può più contare sul contributo della banca locale e la barca galleggia male e si vede.
Qualche anno fa, a Parigi, si sono domandati perché pur essendo la loro la Città che più nel mondo investiva in cultura, la realtà gli sbatteva in faccia la situazione delle banlieue, del degrado sociale e culturale, del mefreghismo delle grandi masse di cittadini di fronte ai più grandi eventi culturali e artistici. Le giovani generazioni perdevano scolarizzazione e livello culturale, conoscenza e capacità di analisi rispetto a quelle più adulte.
Le risposta fu che troppe risorse economiche erano state investite nei decenni in mega eventi mondiali e troppi poche in formazione e scuola: la borghesia si era dimenticata del popolo e quando questo accade i tempi diventano oscuri e pericolosi.
Si doveva, dunque, cambiare il modo di pensare!
Forse, per tornare a noi, è stato anche un errore concettuale non comprendere per tempo che la divisione tra Assessorato alla Cultura e Assessorato alla Pubblica Istruzione fosse superata e che non si dovesse continuare a pensare le cose e l’organizzazione delle cose come si faceva trenta anni prima.
Il vero architrave del rapporto tra Ente Locale e cittadino, in questa specifica sfera della conoscenza e della bellezza, non sta, non sta più infatti nella cultura o nella scuola, ma nella formazione formale e informale dell’intera massa dei cittadini residenti in una comunità: indipendentemente dalla loro età, dal loro livello di scolarizzazione, dalla loro professione, dal loro ceto sociale.
Non si deve azzerare o tagliare la cultura, dobbiamo mettere molti più soldi nella formazione formale e informale e molti meno nella spettacolarizzazione dell’ego di Sindaci e Assessori.
Questo è il punto!
Credo che si debba valutare quanto inutile possa essere allestire la più bella mostra del mondo se non abbiamo offerto prima ai nostri cittadini, alle ragazze e ai ragazzi che frequentano le nostre scuole le dotazioni semantiche per leggerla e comprenderla quella mostra.
Ma soprattutto se non abbiamo stimolato prima in loro la curiosità e l’amore per la cultura, per la conoscenza, per l’apprendimento, per la bellezza, per la letteratura…
Non si tratta, non ci sono scuse, dei giovani che non sono più quelli di una volta o dei cittadini che se ne fregano: si tratta di scelte politiche, programmatiche, amministrative e strategiche, si tratta di allocazione delle risorse.
Tagliare una volta di meno l’erba e dare più soldi a progetti formativi scolastici ed extrascolastici, ad esempio.
I bilanci dei Comuni (metto dentro anche quelli dei miei tempi da Sindaco) prevedono risorse ridicole sulla formazione.
Di questo si deve parlare.
Queste sono le scelte da fare.
Questo, io credo, è il modo di pensare, se si vuole ipotizzare un futuro migliore dopo la pandemia.
Ettore Neri
Capogruppo Consiliare PD Pietrasanta
Pietrasanta, 19 marzo 2020