Quello che chiede CNA rispetto ai controlli, le sanzioni e i sequestri che vengono attualmente fatti dalla Capitaneria di porto di Viareggio nei laboratori artigiani di marmo della Versilia è giusto e sacrosanto soprattutto per quanto riguarda la richiesta di moratoria per le emissioni in atmosfera per le attività che hanno quantità minime di emissione.
Non rieco a capire perché da Firenze, dalla Regione Toscana, si sia lasciata fare una nuova e inutile caccia alle streghe contro chi, con grandi difficoltà ed enorme sacrificio, tiene aperte attività produttive che hanno fatto la storia del nostro territorio, che hanno dato lavoro per due secoli a quasi tutte le nostre famiglie; trovo assurdo che si sia stia intervenendo addirittura utilizzando la polizia giudiziaria senza prima cercare un confronto con i Sindaci locali, con le imprese, con le categorie, con le rappresentanze sindacali.
Non si capisce con quale logica si sia voluto agire in modo da distruggere il sistema artigianale del marmo nel comparto Apuo-Versiliese non ragionando prima sulla tipologia delle nostre aziende, sui correttivi da apportare nella classificazione delle stesse e senza prima concertare i modelli di necessario adeguamento alle norme vigenti.
Quello dell’artigianato del marmo è un settore che neglia anni ottanta e novanta del secolo passato è riuscito ad adeguarsi con ottimi risultati alle nuove norme sulla tutela delle acque, alle norme sulle emissioni rumorose, alle norme sulla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
Allora si fece utilizzando a piene mani il sistema della concertazione tra istutizioni e corpi intermedi, mentre oggi si è preferita la concertazione tra istituzione regionale e procure della repubblica.
Trovo tutto questo assurdo.
Il risultato è che dalla mattina alla sera si è messo in ginocchio un sistema produttivo che conta più di 400 aziende e poco meno di 2.000 addetti e che innesca un indotto proprorzionato.
L’azione messa in atto dalla Regione Toscana ha il difetto originario di nascere come sistema punitivo e costrittivo nei confronti delle aziende visto che deriva da un Protocollo d’intesa sottoscritto con le Procure della Repubblica di Massa e Lucca e basato pertanto su un preconcetto di illegalità e colpevolezza e non su un complessivo progetto di riordino, adeguamento e rilancio di un sistema produttivo che ci ha reso famosi, ammirati e rispettati nei secoli e nel mondo.
Mi atterrisce il fatto che si trattino come delinquenti piccoli artigiani del marmo e che, al tempo stesso, si faccia proseguire come niente fosse l’attività della discarica di Cava Fornace.
Ora che una scure cieca è caduta, come sempre, sui più piccoli e sui più deboli, cioè sulle aziende familiari o con pochissimi dipendendenti, quelle che tirano avanti in mezzo ad un mare di problemi e dovendo confrontarsi con competiotri internazionali che operano in Paesi dove il lavoro si agevola invece di distruggerlo, ci domandiamo attoniti perché tutto ciò, a chi giova, quali dimamiche hanno mosso tanta scelleratezza.
Il settore della trasformazione del marmo va salvaguardato e aiutato, non va criminalizzato e chi non lo conosce, prima di agire, dovrebbe avere l’umiltà di farsi consigliare da chi lo conosce bene.
Ettore Neri
Pietrasanta, 29 ottobre 2019